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Farmaci equivalenti e specialità “originali”: sono veramente sostituibili?

 
Questa è la domanda che ci sentiamo ripetere più spesso in farmacia. Rispondere non è facile per diversi motivi, basti pensare quanto questo argomento vada a toccare interessi  economici enormi; e, si sa, quando si toccano questi “interessi” tutti vogliono dire la loro e non sempre sono trasparentissimi.
Innanzitutto incominciamo con il dire che ne il vostro farmacista, ne il vostro medico, e tantomeno il vostro vicino di casa è in grado di rispondere in prima persona a questa domanda. La prova empirica personale, in questo caso non è sufficiente a dirimere la questione e, il medico o il farmacista non hanno i mezzi tecnici per analizzare un prodotto o condurre uno studio statistico sulla sua efficacia. Se qualcuna di queste tre figure esprimesse un parere sulla qualità dei farmaci equivalenti, esprimerebbe  un parere assolutamente personale  o riporta cose che gli sono state dette , magari da personaggi con grossi interessi in merito. Per capirci meglio è chiaro che l’informatore di questa o quella ditta  quando va a propagandare il suo farmaco dal medico o dal farmacista dice che è il migliore di tutti, ma è come chiedere all’oste se il vino è buono.
Ma allora come si può rispondere a questa domanda?
Per fortuna l’impianto normativo e l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ci vengono in aiuto, garantendoci la sostituibilità dei farmaci originali ed equivalenti, vediamo in che modo.
 La normativa prevede che un farmaco per essere  sostituito ad un originale deve avere lo stesso principio attivo nella stessa quantità, ma non solo: deve essere anche “bioequivalente”.
Quindi ogni volta che un industria farmaceutica vuole mettere in commercio un farmaco equivalente deve dimostrare all’AIFA, con uno studio, la bioequivalenza del suo prodotto con il farmaco originale.
Per capire cosa significa essere bioequivalente bisogna introdurre il concetto di biodisponibilità.
La biodisponibilità, in parole molto povere, è una misura di quanto e  come il principio attivo del  farmaco viene assorbito dal nostro corpo in funzione del tempo. Se il principio attivo di due farmaci è lo stesso e viene assorbito nello stesso modo, è chiaro che i due farmaci avranno la stessa efficacia.
Ora due farmaci sono bioequivalenti quando la loro biodisponibilità è molto simile, compresa in un intervallo accettabile (il famoso ±20% di cui forse avete sentito parlare dal vostro medico) fissato per legge, tale che  non si abbiano differenze di effetti terapeutici.
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Lo stesso intervallo delle biodisponibilità considerate accettabili per la sostituzione  adottato dall’AIFA è adottato anche dalle agenzie regolatorie internazionali: l’ americana  FDA e l’ europea EMA.
Ad onor del vero ci sono due casi in cui il range di biodisponibilità accettabile non ci garantisce la perfetta sostituibilità del farmaco ma sono due eccezioni che riguardano farmaci molto delicati(un farmaco antiepilettico e un ormone tiroideo), e comunque sono segnalate dall’ AIFA.
Si tenga conto che ci sono alcuni farmaci la cui efficacia va monitorizzata costantemente anche se si assume sempre il farmaco della stessa marca, perché  in questi casi anche minime variazioni di biodisponibilità possono causare  differenze di effetti terapeutici, lo sa bene chi assume un anticoagulante, il  warfarin sodico, ed è costretto a controllare il tempo di coagulazione in maniera continua.
Quindi per concludere non possiamo rispondere direttamente alla domanda del titolo, come farmacisti, sulla scorta della nostra esperienza professionale,  ma possiamo dire che il nostro impianto normativo e la nostra agenzia regolatoria dei farmaci, l’AIFA,  ci garantisce che farmaci originali e farmaci equivalenti abbiano la stessa efficacia.
 
 
 
 
 
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